10/25/2009

Panoramiche a Castelsardo

Per favore, ingrandite le immagini. Entrate almeno un po' dentro a questi spazi aperti sul mare, che sono uno dei regali più straordinari che offre Castelsardo. Bevetevi questo azzurro ipnotico, volate tra questi codazzi di nuvole che testimoniano della libertà tremenda del maestrale. Un proverbio polacco dice: lo stomaco ha bisogno di quiete e l'anima di spazi. Come vedete, Castelsardo fa bene all'anima. E ancor più quando hai la fortuna, come è capitato a me, di partecipare al festival "Controcaos", che si è svolto in questa cittadina della costiera nord della Sardegna dal 15 al 18 ottobre. Per me, una grande esperienza, segnata soprattutto dall'incontro con persone speciali, che spero non scompaiano dalla mia vita tanto facilmente come vi sono entrate.



Ecco, qui sotto, l'alba del primo giorno a Castelsardo (anzi, diciamo un quarto d'ora prima...). Mi è piaciuto molto condividere questa passione per il sorgere e tramontare del sole con Giusi Quarenghi, di cui avevo intravisto alcuni libri e sentito qualche intervento poetico (per esempio, qualche giorno prima, a Cagliari, al festival di Tuttestorie) ma che ancora conoscevo pochissimo. E devo dire che la distanza ravvicinata delle colazioni, dei pranzi e delle cene ha dato adito ad una sorprendente condivisione di complicità elementari, dal cibo in su. Anche questo un lusso.


Dettagli in paese

Immagini scattate a Castelsardo, nel mio vagabondare da turista, senza una meta precisa.





Castelsardo | Viste sul mare

Queste sono, probabilmente, le cartoline della città che mi sarebbe piaciuto trovare nei numerosi negozi di souvenir...





Un discorso a parte merita quest'ultima immagine, in una giornata particolare, per il clima sia esterno che interno, che mi ha portato a scrivere le parole che seguono:



Vorrei farti vedere
questo mare di pietra
compatto,
di un grigio
inaudito,
duro come un dolore sordo
senza parole
nè tenerezza
per sciogliersi.
Un mare come un cuore
sconfinato,
irraggiungibile,
chiuso in un mutismo
che il fragore delle onde
sulla spiaggia
in fondo
a malapena
sa dire.

10/24/2009

Gek in azione

Queste immagini sono puramente simboliche. Voglio dire che non hanno alcuna possibilità di rendere l'idea di ciò che è stato lo spettacolo di animazione di Gek Tessaro, che ha riempito di meraviglia, risate e —perchè non dirlo— commozione a tutti coloro che l'anno visto, a Controcaos in quel di Castelsardo. Non avevo mai sospettato che una lavagna luminosa potesse essere uno strumento così potente per trasmettere emozioni ed inventare mondi. Accompagnato dalla musica, Gek faceva muovere e ballare i suoi personaggi, accompagnando l'azione scenica —se così si può dire— con delle filastrocche in rima baciata recitate a memoria. Le cose più belle erano così rapide che diventavano irriproducibili per una macchina fotografica che ha rinunciato al flash (nella prima immagine l'effetto movimento era inevitabile, perchè i personaggi ballavano come indemoniati). In sintesi, una miscela di irresistibile ironia e di creatività poetica, come da molto tempo non ne trovavo messe insieme. Ho vissuto momenti di pura e semplice felicità, non scherzo.





Reading di "Accabadora", e incontro con Michela Murgia

In questo festival ho potuto assistere soltanto a uno dei reading previsti dal programma, con relativo incontro con autore o autrice, momenti che sono sempre tra quelli di maggiori interesse in un festival di creatività e letteratura. Venerdì sera, infatti, mi sono perso (accidenti a me) la lettura della Contessa di ricotta, di Milena Agus, e il colloquio tra l'autrice ed Enrico Euli, che secondo tutti i racconti ha fatto faville. Ha potuto di più il mio eccesso di zelo nel voler concludere il lavoro sui murales, a cui non avevo potuto partecipare il mattino.
Quindi non ho metri di paragone per valutare l'incontro con Michela Murgia, autrice di cui ancora non avevo letto niente. Insomma le mie orecchie erano vergini della sua prosa quando, la sera del sabato, ascoltavo la lettura di una selezione di pagine del suo recente "Accabadora", pubblicato da Einaudi. Mi ha impressionato il libro (quantomeno l'assaggio) e ancor più l'autrice. Che ha condotto tutto il colloquio da sola, raccontandosi in un modo enormemente sensibile, intelligente e concreto. Poi ho avuto la ventura di condividere con lei alcuni pasti, di parlare e ascoltare e scherzare e ridere insieme al resto degli invitati in momenti di disimpegno apparente. Sono diventato perfino, durante qualche ora, il suo autista di fiducia per le viuzze di Castelsardo. Previlegi enormi per una prima volta.

Laboratorio per bambini di Gek e Francesco

Gek Tessaro (nella prima foto, sulla destra, quasi di schiena) e Francesco Chiacchio (lui in piedi, con la barba, dalla parte opposta) sono due straordinari illustratori con cui ho avuto la fortuna di condividere l'esperienza del festival di Castelsardo. Insieme hanno organizzato un laboratorio per bambini da cui, nel giro di due ore, è venuta fuori una magnifica galleria di personaggi.





Personaggi e autori

Ecco una carrellata veloce di altri personaggi realizzati nel laboratorio di Gek Tessaro e Francesco Chiacchio (nella foto).


In alcuni casi si scorge anche l'autore (o autrice) del manufatto, come nel caso di Bianca, peraltro un po' mossa (sono gli inconvenienti di non usare il flash!)


Questo è il personaggio realizzato da Giusi Quarenghi (della quale si vede anche il piedino...)


Non posso evitare di riconoscermi un po' in questo gallo mezzo spennato e starnazzante, di autore (da me) sconosciuto...


Enrico in palestra, Giovanni in aula magna

Immagini dei laboratori di sabato mattina al liceo di Lubagnu. Io ho assistito a quello di Enrico Euli, sul tema della nonviolenza, un argomento forse troppo ostico per un pubblico che non era nè preparato nè del tutto volontario. Prima della ricreazione si è riuscito anche a far qualcosa con tutto il gruppo (vedi prima immagine).


Dopo la ricreazione, però, è stato molto difficile recuperare il clima e la concentrazione, come si può vedere dalle altre tre immagini.




Il laboratorio dell'Allegretti ma non troppo, invece, è andato liscio e senza intoppi. Io, però, sono riuscito a fare soltanto questa foto (che, in realtà, è un montaggio di due).

Cose di chiesa

Le prime tre immagini corrispondono alla chiesa di Santa Maria, dove la prima sera abbiamo ascoltato la confraternita locale che interpretava dei canti tipici della settimana santa, con un coro rigidamente per soli uomini, un'approssimazione del canto a tenores applicato alla musica sacra.



Questo braccio ligneo sporgeva del muro senza troppi complimenti. Quel che si suol dire reggere candela.


Le ultime due foto sono della cattedrale: il coro anch'esso in legno e un'immagine con il pulpito da cui viene la predica (interessante vedere la posizione degli angeli, uno sopra l'altro, tipo saltimbanchi) e l'interessantissimo organo d'epoca, a quanto pare fuori combattimento e attualmente soltanto decorativo.


Casa Zapata

Casa Zapata è stata una delle sorprese di questo viaggio. È una casa della nobiltà spagnola in stanza a Barumini, dove di recente, in occasione di alcuni lavori di consolidazione strutturale, si è scoperta la presenza di un complesso nuragico sotto al pavimento della casa. Un connubio veramente singolare, che è stato direi magnificamente reso fruibile da un intervento architettonico a mio criterio notevole.


Questa è l'unica immagine in cui si intravvedono gli amici, anche se in piccolo. Purtroppo sono un po' restio alle classiche foto di gruppo. Poi, però, ne sento la mancanza.


Il blasone dei Zapata, con tre scarpette, come da copione (ma poi, perchè tre? le scarpe non vanno per paia?).


Purtroppo scatto sempre a mano libera e senza flash, e negli interni è difficile che i risultati siano decenti. Se non altro, si può immaginare qualcosa...


Cordas e cannas

La sera di sabato siamo stati a Usellos, paesino non lontano da Turri, dove gli amici erano alloggiati. Era la festa della patrona locale, credo santa Reparata, che il cielo l'abbia in gloria. Suonava, per l'occasione, il gruppo Cordas e Cannas, con un repertorio di sapore tradizionale, sia pur aggiornato. Agli amici catalani (e anche a me) è piaciuto sentirli.





Quando è cominciato a piovere, e il gruppo non poteva rimanere sul palco, si è passati al formato più tradizionale: un unico fisarmonicista, con un organetto diatonico, seduto al riparo in una nicchia, faceva ballare da solo tutta la piazza.