12/01/2007

Da Enrico

Enrico Euli è, per dirla in breve, il mio amico dell'anima, il mio ex-simbionte. Abbiamo pranzato insieme a casa sua in questo inizio di novembre.




La tavola su cui abbiamo condiviso il pranzo, e una parte del menú. La cartolina che si intravede gliela spedii poco prima di sposarmi, qualcosa come sedici anni fa.


Ecco Enrico, in versione saturniana... Ma di solito la sua espressione è molto più guizzante.

Scorci urbani

Cominciando dal sorriso roseo della nostra piccola acropoli di provincia (solo perchè i greci non l'hanno scoperta a tempo!), ecco alcune immagini rubate qua e là nei miei vagabondaggi da turista per la mia città...




Questo personaggio è creazione del proprietario di un piccolo caffè vicino a Piazza Costituzione, con la quale ha decorato il gabinetto delle donne (ebbene sì, mi ci sono intrufolato, con i dovuti permessi).


Albori cagliaritani

Le luci del Poetto in un mattino di anticiclone autunnale compensano qualunque levataccia...





Ulassai, alla stazione dell'Arte

Sabato 3 novembre sono stato di nuovo a Ulassai, in una giornata piovviginosa e grigia, per vedere la scultura che Maria Lai ha dedicato ad Antonio Gramsci. Un dialogo tra due grandi sul filo della fiaba.





Besalu'

Besalú è giustamente famosa per questo ponte fortificato, testimone delle passate grandezze militari dei contati catalani.
Ora, purtroppo, il turismo sta trasformando questa cittadina in una collezione di cartoline a pagamento.



Alle bellezze del luogo si aggiungono quelle delle visitanti...



Garrotxa | 2

Un filo di nebbia di prima mattina tra i boschi della Garrotxa, agli albori di una giornata spettacolare.


Il nucleo antico di Castellfollit de la Roca si erge su una specie di pennone roccioso situato come un enorme vascello petreo lungo il corso del fiume. È difficilissimo da fotografare, perchè risulta quasi sempre in controluce. Bisognerebbe avere ali...



Foto scattata a Besalú, sulle rive del fiume. Qualcuno legge il giornale nel tepore del sole mattutino.


Un altra foto di Caterina, scattata durante il viaggio di ritorno, in un tripudio di colori controluce. Questo ciliegio incendiario fa la voce solista nel coro dell'autunno fiammeggiante...

Garrotxa | 1

Sabato pomeriggio abbiamo percorso una strada montana tra Oix i Beget, in una giornata di luce radiante e dolcezza senza freni. Nell'infinito campionario di bellezze, sono rimasto colpito da questo rovere semisecco eppure vivo ed imponente.



Ogni albero morto è un totem in potenza...


Caterina non è in posa: lei si siede così. Eleganza naturale, come nei gatti.


Questa foto è di Caterina, che ha saputo cogliere con esattezza la mia anima da bandito, neppure tanto coperta, ultimamente...

La Fageda d'en Jorda

L'ultimo fine settimana di ottobre, per festeggiare il compleanno di Caterina, siamo andati in gita nella zona della Garrotxa, ricca di bellezze naturali, tra cui il famossissimo bosco di faggi prossimo ad Olot, "la Fageda d'en Jordà", per il quale il bisnonno di Caterina scrisse una poesia emblematica (che trascrivo alla fine).


Ecco i nostri prodi, immersi nel verde...





«Saps on és la Fageda d'en Jordà?
Si vas pels volts d'Olot, amunt del Pla,
trobaràs un indret verd i pregon
com mai més n'hagis trobat al món:
un verd com d'aigua endins, pregon i clar;
el verd de la Fageda d'en Jordà.
El caminant, quan entra en aquest lloc,
comença a caminar-hi a poc a poc;
compta els seus passos en la gran quietud,
s'atura i no sent res, i està perdut.
Li agafa un dolç oblit de tot lo món
en el silenci d'aquell lloc pregon
i no pensa en sortir o hi pensa en va:
és pres de la Fageda d'en Jordà,
presoner del silenci i la verdor.
Oh companyia! Oh deslliurant presó!»

Joan Maragall

10/01/2007

Il mio contributo zap-art-ista

Queste sono le immagini dei miei contributi alla mostra. Ce n'era anche uno più piccolo —tanto, che non veniva bene fotografarlo... Questa, invece, è una delle opere più grandi che ho fatto ultimamente. Il testo dice: "La dignità è biodegradabile e biodiversa. L'orgoglio è tossico e a volte radioattivo".


Uno dei lavori che ho presentato è la trascrizione di un testo che, un paio di anni fa, mi fece arrivare mio figlio Michele: il Manifesto della Rete di Resistenza Alternativa. Come base ho usato un catalogo di presentazione di una varietà di carta da stampa, opportunamente intervenuto con tempera per cancellare i messaggi pubblicitari. È dunque un supporto riciclato che invita ad essere aperto e sfogliato, per potere leggere un testo scritto a mano (anche se nessuno, praticamente, lo fa).




I curatori della mostra ci avevano chiesto anche un testo per commentare il senso del nostro intervento. Io non ho saputo trattenermi dallo scrivere il "malloppo" che aggiungo qui sotto...


Zap-art-ismo

Il sentimento dell’arte attinge, per me, da due fonti: una è la passione per il mondo, con le sue piccole e grandi meraviglie; l’altra è il disaccordo con la realtà, coi suoi grandi e piccoli orrori. Sono due emozioni elementari che la persona sperimenta nei confronti di ciò che, dentro e fuori, la circonda; di fatto, entrambe le direzioni sono sempre presenti, una come il rovescio dell’altra. Un concetto che viene ben riassunto da una frase di Valentí Puig, poeta e scrittore catalano di origine maiorchina: “Forse la letteratura è l’unico modo di poter dire che siamo a favore della realtà e insieme contro”.

Credo, inoltre, che qualunque opera d’arte, inevitabilmente, è per l’artista un modo di riappropriarsi del proprio potere —mi riferisco a quel potere-di-creare che forma parte delle nostre capacità personali e non trasferibili, insieme ai molti altri verbi che declinano le possibilità umane dell’essere e del fare, e che sono in realtà gli unici poteri per i quali val la pena lottare.

In un caso e nell’altro, per disaccordo o per riappropriazione, la pratica dell’arte si può considerare allora come un piccolo atto di insorgenza —cioè insieme di resistenza a ciò che non si condivide e di emergenza dell’imprevisto, di ciò che è nuovo ed inatteso, perfino per se stessi.

Questo, ovviamente, non dovrebbe essere affatto un previlegio riservato all’artista, bensì un cammino di esplorazione che ciascuno può sperimentare nell’ambito che preferisce. Però l’arte, precisamente per il fatto che invita la persona a fare un uso più autonomo e creativo dei propri poteri, è una pratica che la nostra civilizzazione promuove solamente in quanto eccezione —visto che la regola che impera è esattamente la contraria. Ed è qui dove ritroviamo il paradosso dell’artista, che sorge per ribellarsi ad un sistema in cui non crede e a cui si oppone, ma che questo stesso sistema esalta come il proprio esponente più illustre...

Che l’umanità, in termini generali, non abbia optato per l’esercizio dell’autonomia, bensì per lo sviluppo del controllo, fino a livelli pressochè impensabili, è una evidenza di portata planetaria; le ragioni, però, le capisco solo in parte, se teniamo presente che il risultato finale è un cumulo esorbitante di infelicità chiaramente evitabili. Non ci sono due modelli di potere più diversi tra loro: quello del verbo o quello del sostantivo; eppure, scivolare dall’uno all’altro è quasi la cosa più facile che c’è. L’artista, in linea di principio, la sua scommessa l’ha fatta —benchè a volte possa non aver piena coscienza delle ripercussioni politiche dei propri atti. Si tratta, di fatto, di una scelta elementare: non rinunciare all’esercizio del proprio potere (di essere e di fare), ed allo stesso tempo non volersi appropriare del potere degli altri. C’è qui tutta una poetica ed insieme tutta una politica. Che in fondo mi sembrano vicine a quelle del zapatismo —l’esperienza di rivolta che trasferisce al piano di un intero popolo questa pretesa scandalosa e magnifica: di voler essere autonomi e creativi come persone e anche come comunità; il che significa, precisamente, non rinunciare al sogno —ingenuo, direte voi, eppure imprescindibile, dico io— di una società senza dominatori nè dominati.

Nonostante la moltitudine di coloro che ne dubitano, l’arte forma parte delle attività di ricerca di senso. Ed è questo ciò che le permette di intessere un dialogo vivo con altre discipline, o campi di attività, o sfaccettature dell’esistenza —un dialogo, certamente, che non possiamo lasciare in mano a nessun tipo di esperto. Che sia chiara, comunque, una cosa: non si tratta soltanto di esporre opere d’arte, bensì di esporci, come persone, alla bellezza —sostenere, cioè, quel tipo di sguardo (da qualunque parte esso provenga) che ci interpella —a volte con un sorriso, a volte con una scossa— sul senso della vita che viviamo.

E alzi la mano chi pensa che questo è chieder troppo.

9/30/2007

Zap-artista

Dal 21 al 30 settembre si è potuta visitare a la Garriga —il paese in cui vivo, a circa 40 km. da Barcellona— una mostra collettiva del titolo "Zap-artista". Curata da Esteve Teixidó e Ester González, questa iniziativa voleva festeggiare e insieme portare all'attenzione del paese i cinque anni del gemellaggio tra il comune della Garriga e il Municipio Autonomo "El trabajo", nei territori di Chiapas. In queste immagini —stavolta davvero puramente informative— si possono vedere due scorci della sala e tre opere non mie che mi sono sembrate meritevoli (anche se ce n'erano diverse altre piuttosto belle ma difficilmente fotografabili)...



Quest'opera è stata realitzata da diversi autori che si sono firmati con lo pseudonimo "Gli 11 invisibili"


L'opera s'intitola "Taca" (Macchia) e il suo autore è un grafico e illustratore che si chiama Joan Corominas.


L'autore di questo lavoro è Esteve Teixidó, che è anche uno dei curatori della mostra. Nel riflesso dello specchio, si può scorgere l'altra curatrice, Ester González.