3/10/2014

Museo Nivola


Domenica 9 marzo c'è stata a Orani una visita guidata al Museo Nivola che era nello stesso tempo un atto rivendicativo di sostegno a questa struttura museale importantissima che si trova minacciata di chiusura, nonostante la qualità delle opere esposte e degli spazi che le accolgono. Per me, che non l'avevo ancora visitato, è stata una sorpresa emozionante.

















11/09/2013

"I sette palazzi celesti"

La settimana scorsa sono stato a Milano, in un breve soggiorno costellato di bellissimi incontri amichevoli. In uno di questo sono stato accompagnato ad un antico spazio industriale oggi felicemente riconvertito a centro di cultura: l'Hangar Bicocca.
Qui ho visto tre proposte per me estremamente stimolanti: la prima è una scultura di Fausto Melotti, di cui proverò a mettere in rete qualche immagine in una entrata a parte; la seconda è una videoinstallazione di Ragnar Kjartannson, dal titolo The Visitors, di cui non ho documentazione fotografica ma di cui ho goduto intensamente; e la terza è questa macroinstallazione dal titolo "I sette palazzi celesti", di Anselm Kiefer, artista tedesco nato nel 1945, della quale ho potuto fare una serie di fotografie con una macchina compatta che mi è stata prestata per l'occasione. Malgrado la mia poca dimestichezza con lo strumento, questo è il risultato fotografico della mia visita. L'opera, situata in uno spazio di dimensioni eccezionali, offre delle suggestioni ricchissime.















8/22/2013

Archivi: le "Porte d'oriente" di Rosanna Rossi

Nel maggio del 2011, Rosanna Rossi, una delle artiste più serie e instancabili che abitino la nostra terra, esponeva, nello spazio dedicato alle mostre temporanee della Cittadella dei Musei, le sue "Porte d'Oriente", una mostra bellissima che si integrava alla perfezione in quell'ambiente previlegiato.
Affascinato dalla bellezza dell'insieme e dei dettagli, scattai queste foto che pubblico oggi, nel giorno del suo compleanno, come piccolo affettuoso omaggio al suo lavoro, che ammiro.















8/01/2013

Dedicato a Maria Lai

Il 15 giugno ho scritto queste parole dedicate a Maria Lai, circa un mese dopo la sua scomparsa. Desideravo e insieme temevo condensare in un testo tutta l'emozione e i pensieri e l'enorme debito di riconoscenza che sento nei confronti di questa donna straordinaria, che ho avuto la fortuna di conoscere da vicino, grazie alla sua amicizia con la mia famiglia.
Ora che è passato un po' di tempo, mi viene voglia di condividere lo scritto –che è stato letto finora da una diecina scarsa di persone– con chi abbia voglia e tempo di farlo.
Aggiungo, come accompagnamento, alcune immagini che scattai alcuni anni fa al lavatoio di Ulassai, non senza difficoltà, visto che le porte erano chiuse e che ho dovuto sporgere la macchina fotografica attraverso le sbarre della porta per riuscire a fare qualche scatto dell'interno.




Quest'ultima immagine è un ritratto pressoché rubato, scattato senza il tempo di decidere il tempo di esposizione né praticamente niente. Eravamo nella casa di Cardedu, ed avevamo appena finito di guardare insieme le immagini di un libretto che le avevo regalato. Ma lei si stancava presto, non poteva continuare, e così è andata via, quasi d'improvviso.
Era l'estate del 2012. L'ultima volta che io l'ho vista camminare ancora. 



A Maria Lai



Ho avuto bisogno di tempo
molto tempo
prima di riuscire a scriverti
– tempo per saggiare l'altezza
da cui ancora ci osservi
quegli orizzonti inesplorati
dove sorridevi allo sgomento
tu, come una rondine
avvezza alla vertigine
per cui lo spazio era alimento
àmbito di giochi alchemici
con la materia e il senso.
Ci sei stata maestra
dal silenzio
il tuo silenzio di costellazioni
e pietre
e fili fitti
da cui ordivi incanti austeri
con una tenace fedeltà all'asciutto
alla dignità del nero
al fervore del bianco
da dove i segni crescono
col vigore del virgulto
gesto intatto e limpido
perfino nei nodi
arborescenza del pensiero
nel farsi della forma.
E tutto si riassume nel tuo sguardo
ascoltatore
ampissimo
rapace di dolcezze
sguardo di solitudini e pasture
tesoro di crinali
velluto e pane che fermenta.
Sta qui la tua lezione e la forza
il magistero di concentrazione
che ci lasci
il ricordo di un ardire
di ali spiegate
tu, piccola rondine
palpitante e fragile
nell'infinito
invincibile.


(15.06.2013)


7/10/2013

Passaggiata al Montseny

Le domeniche di luglio sono propizie alle passeggiate nei boschi, soprattutto se hai la fortuna di trovarti nei dintorni del Montseny (e di andare al seguito di qualcuno che conosce bene il luogo). La zona di Santa Fe è famosa per i suoi boschi di faggi, dall'ombra magnificente, che ti fanno vivere una strana esperienza di immersione in un ambiente poco meno che sottomarino, sospeso in un verde quasi liquido, che stempera l'implacabile radiazione solare del mese di luglio e genera un microclima parecchi gradi più fresco dell'ambiente esterno al bosco, come se questo fosse una nicchia protetta, una specie di nido climatico di proporzioni maestuose.


Ogni tanto si trovavano degli accumuli di ramaglie, quasi fossero degli accenni di capanna, peraltro mai conclusa e quasi mai funzionale ad un suo uso reale.


In zone più aperte e meno ombrose, è facile imbattersi nella fantasmagoria cromatica che caratterizza il mondo degli insetti. Non chiedete a me il nome scientifico di questo elegantissimo personaggio in frac a pois. 


Il percorso della passeggiata ci ha condotto al più alto tra queste emergenze di pietra che si susseguono sul versante nord-orientale del massiccio del Montseny (riserva della biosfera dell'UNESCO, mica palle), conosciuto col nome di Morou.


In questa sommità, abbiamo trovato la curiosa sorpresa di una specie di gabbietta con scatola annessa, dipinte entrambe di un color rosso ruggine, che contenevano, la più alta un presepio stilizzato fatto in fil di ferro, e la seconda un quaderno avvolto dentro una busta, su cui i visitanti potevano lasciare una traccia scritta del loro passaggio. Un rituale al quale non ci siamo sottratti.



Già verso la fine del percorso, eccoci allo stagno di Santa Fe, la cui diga è ancora vecchio stile, costruita in gran misura di granito, abbondante nella zona. Qui approfitto per dare qualche morso ad una mela. (Questa immagine, naturalmente, non è mia...)


La posa della fotografa farebbe pensare ad una scena di caccia grossa, in cui affronta con coraggio —e il cellulare come unica arma— una qualche belva tipica delle zone pantanose, tipo coccodrillo o giù di lì...


Invece si trattava semplicemente di un bellissimo cespuglio di gigli gialli, selvatici e passabilmente autoctoni. Molto belli, non c'è che dire!