Ogni tanto si trovavano degli accumuli di ramaglie, quasi fossero degli accenni di capanna, peraltro mai conclusa e quasi mai funzionale ad un suo uso reale.
In zone più aperte e meno ombrose, è facile imbattersi nella fantasmagoria cromatica che caratterizza il mondo degli insetti. Non chiedete a me il nome scientifico di questo elegantissimo personaggio in frac a pois.
Il percorso della passeggiata ci ha condotto al più alto tra queste emergenze di pietra che si susseguono sul versante nord-orientale del massiccio del Montseny (riserva della biosfera dell'UNESCO, mica palle), conosciuto col nome di Morou.
In questa sommità, abbiamo trovato la curiosa sorpresa di una specie di gabbietta con scatola annessa, dipinte entrambe di un color rosso ruggine, che contenevano, la più alta un presepio stilizzato fatto in fil di ferro, e la seconda un quaderno avvolto dentro una busta, su cui i visitanti potevano lasciare una traccia scritta del loro passaggio. Un rituale al quale non ci siamo sottratti.
Già verso la fine del percorso, eccoci allo stagno di Santa Fe, la cui diga è ancora vecchio stile, costruita in gran misura di granito, abbondante nella zona. Qui approfitto per dare qualche morso ad una mela. (Questa immagine, naturalmente, non è mia...)
La posa della fotografa farebbe pensare ad una scena di caccia grossa, in cui affronta con coraggio —e il cellulare come unica arma— una qualche belva tipica delle zone pantanose, tipo coccodrillo o giù di lì...
Invece si trattava semplicemente di un bellissimo cespuglio di gigli gialli, selvatici e passabilmente autoctoni. Molto belli, non c'è che dire!